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Associazione Culturale
LA FAGLIA

Oratino - Molise - Italia

Finalità e scopi statutari

L’ Associazione Culturale “LA FAGLIA” si propone come scopo:
 
  • la ricerca e la cultura della tradizione “La Faglia” di Oratino e, nello specifico, la riproposizione dell’antico rito e il recupero dell’abbigliamento, dei canti e balli legati alla tradizione;
  • sensibilizzare l’ambiente attraverso l’organizzazione e l’esecuzione di rappresentazioni pubbliche;
  • diffondere e promuovere la tradizione “La Faglia” di Oratino, per tramandarne alle generazioni future l’importanza e favorirne il seguito;
  • promuovere, favorire, rivalutare e far rivivere la tradizione mediante studi, ricerche e pubblicazioni varie;
  • curare la raccolta della documentazione storica ed incoraggiare tutte le analoghe iniziative locali;
  • collaborare con la scuola, gli enti, gli istituti italiani e stranieri che si interessano di cultura popolare e tradizionale;
  • sensibilizzare la popolazione al rispetto della natura e dell’ambiente;
  • promuovere e gestire corsi professionali inerenti le tradizioni popolari;
  • diffondere la cultura popolare tra gli emigrati per contribuire a sostenere e rafforzare l’identità originaria e rinsaldare i rapporti con la terra di origine;
  • rivalutare e promuovere la conoscenza e la diffusione degli sport e giochi popolari;
  • promuovere e rendere operanti le attività legate alla cultura, in particolare quelle connesse alle tradizioni popolari, anche ai fini ricreativi e di utilizzazione del tempo libero;
  • la propaganda e la promozione delle attività di valorizzazione delle feste e tradizioni popolari;
  • l’associazionismo quale forma e mezzo per la promozione e realizzazione delle attività ricreative connesse alle attività svolte.
 
Per la realizzazione dei propri scopi l’Associazione si propone, in particolare, di:
  • recuperare il materiale storico attraverso ricerche di fotografie, descrizioni scritte ed interviste ad anziani e studiosi del paese stesso;
  • organizzare giornate di studio e ricerca dedicate alla tradizione “La Faglia” di Oratino con mostre e visione di materiale informativo.

Tutte le cariche associative sono gratuite.

Organigramma

Giovanni Brunetti

Presidente
presidente@lafagliaoratino.it
+39 338 86 17 814

Enzo Petti

Vice Presidente
enzo.petti@hotmail.it
+39 371 14 39 531

Ferdinando Onorato

Tesoriere
lafagliaoratino@virgilio.it
+39 329 62 19 850

Nicola Miniello

Segretario
n.miniello@outlook.it
+39 333 42 03 883

Angelo Mastropaolo

Consigliere
angelo.mastropaolo@alice.it
+39 333 36 16 439

Laura Cameli

Presidente Collegio dei Revisori
camelilaura71@gmail.com
+39 333 95 55 569

Pietro Ciancibello

Revisori dei Conti
pietro.ciancibello@bnlmail.com
+39 328 66 39 640

Giuseppe Tirabasso

Revisore dei Conti
giuseppetirabassocasale@gmail.com
+39 338 84 99 136

Referenti

Comunicazione: Onorato Ferdinando

Costruzione Faglia: Petti Enzo, Altavista Alessando, Di Iorio Antonello  

Eventi culturali e guida turistica: Cameli Laura 

Impianti elettrici: Tirabasso Felice 

Logistica: Miniello Nicola 

Progettazione tecnica: Fatica Carmelo 

Programmazione: Brunetti Giovanni 

Rapporti enti territoriali: Simiele Gianna 

Servizi IT: Tizzani Roberto 

Servizi video e fotografici: Mastrangelo Romina 

Settore alimentare: Mastropaolo Angelo, Miniello Nicola, Petti Enzo

La Faglia

Il suo eterno Sole splenderà

ed il suo Fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra,

sulla tenebra splenderà.

Allora la tenebra sparirà dalla terra.”

(dal Vangelo apocrifo di Levi – frammento 9)

La Faglia (da fax, facis: fiaccola, torcia), da diversi decenni fra le principali peculiarità nel patrimonio identitario di Oratino, è un’enorme torcia di canne lunga circa 13 metri e dal diametro di poco più di 1 metro che, durante il pomeriggio della Vigilia di Natale, viene trasportata dall’ingresso del paese fin davanti al campanile della Chiesa Madre “Santa Maria Assunta in Cielo” – il punto più alto del paese nel cuore del borgo antico – per essere innalzata ed accesa.

Le fasi preparatorie avvengono alcune settimane prima con il recupero delle canne a valle del paese, verso il fiume Biferno. Le canne raccolte servono sia per la costruzione della Faglia dell’anno in corso, sia per assicurarsi una riserva per la composizione della torcia dell’anno successivo.

L’assemblaggio della Faglia si realizza durante le sere del mese di dicembre, all’aperto, in un ampio cortile all’ ingresso del paese, ad opera di numerosi volontari.

Si comincia con l’incastrare singoli fasci di canne gli uni negli altri e, una volta raggiunta la giusta circonferenza, la Faglia viene stretta con 26/28 cerchi di “ornello” dal legno flessibile per assicurarne la tenuta: all’interno vengono inserite le canne più secche (raccolte l’anno precedente) per renderla più leggera e perché bruci correttamente, mentre quelle più fresche vengono poste all’esterno. Man mano che si inseriscono i fasci, questi vengono compattati dai battitori, con precisi colpi di pesanti pale di legno (partiell’).

Il rituale del trasporto della Faglia ha inizio nelle prime ore del pomeriggio della Vigilia di Natale, quando è sollevata da terra e, sorretta da assi di legno, portata a spalla da circa 50 uomini, in coppia sui due lati. I portatori sono sapientemente guidati dal ‘CapoFaglia’, che dirige con ordini fermi e decisi le varie fasi del trasporto – le soste per il recupero delle forze e le ripartenze – lungo il tragitto in ascesa fino al sagrato della Chiesa Madre. Un gruppo di suonatori oratinesi, con musiche e canti popolari, accompagna i portatori e rallegra i numerosi spettatori in corteo.

Il momento più delicato è quello inerente all’ultimo tratto che conduce verso il campanile. Infatti, in corrispondenza della ‘Porta del Colle’, i portatori devono effettuare un’accurata manovra per svoltare nel piccolo vico che conduce al sagrato.

Qui, la Faglia verrà lentamente innalzata in corrispondenza del campanile – su un punto contrassegnato a terra – dopo essere stata assicurata al campanile stesso e ad altre mura laterali, con cavi di acciaio.

La collaudata tecnica impiegata in questa lunga fase di innalzamento determina il corretto posizionamento verticale dell’imponente torcia davanti ad un pubblico molto coinvolto ed attento ad osservare queste operazioni che si protraggono per alcune ore.

A sera ormai inoltrata, arriva il momento più atteso, anticipato dalla benedizione del Parroco: l’accensione della torcia dalla cella campanaria.

La Faglia simboleggia, infatti, anche la nascita di Gesù Cristo (Luce del mondo) e, tradizionalmente, dal modo in cui arde si traggono pronostici ed indicazioni sul futuro della vita agricola e sociale del paese.

Le origini di questa tradizione devono essere ricercate negli antichi rituali propiziatori connessi al culto del Sole e del Fuoco che avevano luogo in occasione del solstizio d’inverno e del solstizio d’estate.

“La festività del Dies Natalis Solis Invicti (‘giorno di nascita del Sole Invitto’) veniva celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno cominciava ad aumentare dopo il solstizio d’inverno e rappresentava la ‘rinascita’ del sole. Il termine ‘solstizio’ viene dal latino solstitium, che significa letteralmente ‘sole fermo’ (da sol: sole e sistere: stare fermo).

Nell’emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre, il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore). Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano, dunque, la notte più lunga ed il giorno più corto dell’anno.

Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare ed il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate in giugno, quando si avrà il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare, diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo.

Quindi, nel solstizio d’inverno, il sole giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, e pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale ed ‘invincibile’ [invictus] sulle stesse tenebre: così, proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo ‘Natale’.

Quest’interpretazione ‘astronomica’ può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da un’osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.” (da Wikipedia: “Sol Invictus” –Natale).

“Per quanto l’estate sia in genere considerata una stagione gioiosa e l’inverno una stagione triste, per il fatto stesso che la prima rappresenta in certo modo il trionfo della luce e il secondo quello dell’oscurità, i due solstizi corrispondenti hanno, in realtà, un carattere esattamente opposto: ciò che ha raggiunto il suo massimo può ormai solo decrescere, e ciò che è giunto al suo minimo può invece solo cominciare a crescere. …il solstizio d’inverno segna l’inizio della metà ascendente dell’anno e ciò spiega pure, dal punto di vista del significato cosmico, l’espressione di San Giovanni Battista [la cui nascita coincide con il solstizio d’estate, momento in cui le ore di luce cominciano a diminuire]: “Bisogna che Egli [Cristo, nato al solstizio d’inverno] cresca e che io [Giovanni il Battista] diminuisca”. (Vangelo secondo Giovanni 3:30).”

(da “Simboli della Scienza Sacra” di René Guénon)

Brevi cenni su Oratino

“Oratino sorge a ponente di Campobasso, su amena collina,

composta in parte di calcare compatto,

per cui da occidente si vede biancheggiare

per le numerose cave di pietra, che si aprono ai suoi fianchi.

È a 770 metri sul livello del mare, isolato,

non riparato da alcun vento;

potrebbe dirsi la patria di Eolo,

non essendovi quasi giorno in cui alcun vento non spirasse.”

da ‘ORATINO – Suo passato … sue speranze per l’avvenire’ – 1929

(Arciprete Angelo Tirabasso)

 

Oratino è un borgo in pietra annoverati tra i borghi più belli d’Italia. Dal suo magnifico Belvedere si possono ammirare le montagne alto-molisane, le vette della Maiella e delle Mainarde, e in questo immenso panorama sono innumerevoli i paesi che si scorgono sulle alture della valle del Biferno. Lo sguardo, poi, si concentra sulla maestosa cresta rocciosa, denominata La Rocca, che si incastona, centrale, nell’incantevole paesaggio. Situato a breve distanza dal fiume e a valle dell’attuale centro abitato, la Rocca è un luogo di grande interesse: scavi archeologici hanno riportato alla luce resti di strutture e reperti risalenti all’Età del Bronzo e ancora visibili sono i resti di cinte fortificate di epoca sannitica. Su la Rocca si erge una torre, a pianta quadrata ed alta circa 12 metri, superstite di un antico monastero risalente al VI° secolo d.C. La vasca battesimale in pietra, attualmente collocata nell’atrio del Comune, apparterrebbe alla Chiesa di San Giovanni Ottobonis che, con la chiesa della Concezione, era parte di un insediamento medievale andato completamente distrutto nel funesto terremoto del 1456. La Rocca rappresenta un luogo magico, avvolto nel mistero ed oggetto di particolari studi. Una curiosità: si può riconoscere la Rocca nel film ‘Non ti muovere di Sergio Castellitto del 2004. Quest’area della valle del Biferno è attraversata da un segmento del tratturo Castel di Sangro-Lucera, strategico ed importante percorso per la transumanza di greggi dall’Abruzzo alla Puglia.

Due le chiese da visitare ad Oratino: la Chiesa di Santa Maria di Loreto’, all’ingresso del paese, interamente in pietra, edificata su un precedente ed antichissimo luogo di culto. “… in un grandioso nicchio di legno dorato, è la statua della Madonna di Loreto, veneratissima. Essa proviene dalla Chiesa di San Giovanni Ottobonis della Rocca, salvata dopo il terribile terremoto [del 1456]. Certo è statuetta antichissima di legno, intera, di stile bizantino in origine…”. Nel 1757, i fratelli oratinesi Ciriaco e Stanislao Brunetti ne affrescarono mirabilmente le volte, le pareti e le colonne. Nella volta della navata centrale, vi è l’affresco della ‘Traslazione della Casa di Maria’. Vi si possono ammirare le settecentesche statue lignee della Madonna del Carmine dello scultore Crescenzo Ranallo, la Madonna del Rosario del giovane Carmine Latessa e Sant’Antonio Abate di Nicola Giovannitti. Qui sono sepolti gli ultimi duchi della famiglia Giordano.

La Chiesa Madre ‘Santa Maria Assunta in Cielo’, invece, è intramoenia e situata nel punto più alto del paese. È possibile raggiungerla, passando attraverso l’unica porta di accesso – ancora visibile – al borgo antico: Porta del Piano. La chiesa, già menzionata nel 1241, oggi si presenta a tre navate e nel corso dei secoli è stata oggetto di numerosi rifacimenti come testimoniano le varie date sugli architravi dei portali (il più importante nel 1526, dopo il terremoto del 1456). Sulla volta della navata centrale, l’affresco dell’Assunzione della Vergine, realizzato da Ciriaco Brunetti nel 1791. Sormonta l’abside il dipinto dell’Ultima Cena realizzato nel 1947 da Amedeo Trivisonno. All’interno, statue di santi ad opera degli artisti oratinesi Silverio Giovannitti (San Gennaro) e Crescenzo Ranallo (San Bonifacio). Nel 1838, Isaia Salati realizzò un pregevole ostensorio d’argento, qui conservato. In questa chiesa si trovano anche le reliquie di San Bonifacio, patrono del paese, e di San Celestino martire.

La piazza centrale è dominata dalla presenza del Palazzo Giordano, edificato nella seconda metà del XV secolo, fuori dalle mura del borgo. Varie sono state le famiglie nobiliari che si sono avvicendate nel possedimento del feudo di Oratino, ma è stata l’ultima – quella dei Giordano – a lasciare miglior memoria di sé. Infatti, fu il duca Gennaro Girolamo Giordano, tra il 1714 ed il 1725, ad ammodernare il palazzo arricchendolo di un ampio ed elegante loggiato sulla facciata anteriore e di splendidi giardini. Secondo documenti d’archivio, il palazzo sarebbe stato originato su di un precedente castello con torri. Grazie al mecenatismo di suo nipote, il duca Giuseppe Giordano – ‘il Solitario del Sannio’ – il piccolo villaggio di Oratino visse una fioritura artistica e culturale unica sul territorio regionale del tempo. Rinomati sono infatti i suoi pittori, scultori, indoratori e vetrai che, formatisi nelle botteghe dei grandi maestri napoletani del tempo, hanno lasciato preziose tracce con le loro opere nel paese stesso, nel territorio regionale e nelle regioni limitrofe.

Fino al secolo scorso erano ancora numerose le botteghe di fabbri e scalpellini, la cui bravura ed estro creativo si possono ancora osservare negli stemmi, nei portali e nelle strutture architettoniche del borgo.

 

… qui, animo, lungi dagli affanni con cui il mondo ti attanaglia,

ti chiama la quiete amica del cuore sofferente,

qui è possibile assaporare la quiete, vagare qua e là,

qui godere d’una boccata d’aria più generosa”.

Dalla quartina finale in latino sulla lapide commemorativa

a fine restauro del Palazzo ducale nel 1725

(Ianuarius Hieronymous Giordani – duca di Oratino)

Le fasi costruttive

Raccolta canne





Descrizione

Pulitura canne





Descrizione

Raccolta arbusti di ornello (iattuni)
per cerchi



Descrizione

Composizione fasci di canne e preparazione cerchi di ornello


Descrizione

Costruzione ed assemblaggio



Descrizione

Battitura canne




Descrizione

Allestimento e controllo materiale



Descrizione

Trasporto ed innalzamento



Descrizione

Photogallery

Cliccare sulle foto per vederle in modalità ingrandita

Raccolta e pulitura delle canne

Costruzione

Trasporto al campanile

Innalzamento

Tradizioni popolari

z' seca "la Vecchia"

z’ seca “la Vecchia” è una particolare manifestazione popolare che si svolge durante la metà della Quaresima. Alcuni attori locali (solo uomini) sono i protagonisti di una satira paesana, ricca di battute e canti, messa in scena all’aperto e la cui la protagonista principale è una vecchia signora alla quale, a fine rappresentazione, viene tagliata simbolicamente la schiena. L’intento di questo spettacolo è quello di ‘infrangere’ il periodo di astensione, imposto dalla Quaresima, dai piaceri carnali e della tavola e dai piaceri della vita in generale.

mazz' e piuz​'

Il gioco di mazz’ e piuz’  ancora oggi viene praticato avvalendosi di due pezzi di legno (ricavato solitamente dal manico di una scopa o di un badile): uno, forma la mazza (mazz’) (lunghezza 50 centimetri) ed uno, il pivezo (piuz’), di solo 10-15 centimetri, ben appuntito da entrambi i lati.
Con il bastone lungo (mazz’) si deve battere sulla punta di quello piccolo (piuz’); quando il pivezo si alza da terra, si deve cercare di colpirlo con la mazza e mandarlo il più lontano possibile. Il gioco ha regole precise, riportate più avanti, e, ancora oggi, viene praticato con passione e vigore.

Regolamento in breve:
Il gioco consiste nel colpire la punta (con il pezzo a terra) e colpirlo nuovamente al volo cercando di lanciarlo il più lontano possibile. In genere si sceglie una strada non molto trafficata e i ragazzi devono mandarla il più lontano possibile dopo 5 o 10 colpi. Un modo molto diffuso è quello di tracciare 3 grandi cerchi (10 mt. diametro) distanti fra di loro 30 mt. Il lanciatore deve mandare la lippa nel centro sperando che il difensore avversario piazzato al centro di esso non riesca a rilanciarla in quello di partenza.
In tal caso il lanciatore viene eliminato. Vince chi riesce a completare indenne il tracciato completo.

Regolamento completo:
SQUADRE: Si affrontano due squadre, di 2 giocatori ciascuna; all’inizio del gioco si sorteggia chi sta in casa (squadra battitrice) e chi fuori casa (squadra ricevente). All’interno di ogni squadra i giocatori stabiliscono l’ordine secondo cui si alternano nel gioco. PARTITA: Una partita è composta di più “mani” (sono le manche francesi o i games inglesi). Si stabilisce un punteggio da raggiungere (ad es. 1000 punti). Vince la squadra che raggiunge o supera per prima il punteggio prefissato.
MANO: La squadra che sta in casa inizia la mano. Il primo battitore butta in aria la lippa e la colpisce al volo con la mazza, cercando di scagliarla il più lontano possibile. Se uno dei giocatori della squadra ricevente riesce a prendere la lippa al volo, la squadra battitrice viene estromessa e si scambia con la squadra ricevente. La mano termina senza variazioni di punteggio e se ne inizia un’altra con le squadre scambiate.
Se invece la lippa arriva a terra, un giocatore della squadra ricevente la prende dal punto dove si è fermata e, da lì, la lancia verso la casa, cercando di colpire la mazza appoggiata sulle due pietre (in alcune varianti basta far entrare la lippa nel cerchio della casa). Se ci riesce, la squadra battitrice viene estromessa e si scambia con la squadra ricevente e la mano termina senza variazione di punteggio e se ne inizia un’altra con le squadre scambiate.
Se il giocatore ricevente non riesce a colpire la mazza (o a entrare nel cerchio), il battitore inizia a dare 3 colpi, cercando di scagliare la lippa il più lontano possibile dalla casa. Dopo aver dato i tre colpi, la squadra battitrice dichiara la distanza, stimandola a occhio in numero di mazze. Se la squadra ricevente accetta la stima, il numero rappresenta il punteggio di mano, la mano termina e se ne inizia un’altra con la squadra di casa che mantiene la battuta.
Se la squadra ricevente non accetta la stima, si procede alla verifica. In tal caso, se il risultato è favorevole alla squadra battitrice, il punteggio conquistato è pari al numero effettivo di mazze conteggiate e la squadra di casa mantiene la battuta. Se invece il risultato è sfavorevole alla squadra battitrice, in quanto il numero di mazze conteggiato è inferiore a quello dichiarato, la squadra battitrice non raccoglie punti e viene estromessa dalla casa e sostituita dalla squadra ricevente.
Si procede nel gioco fino a quando una delle due squadre raggiunge o supera il punteggio prestabilito.

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RACCOLTA DELLE CANNE

Nel mese di settembre, dopo l’affissione dei manifesti che invitano i cittadini a partecipare alla raccolta delle canne, cominciano le prime uscite: un gruppo di 8-10 persone la domenica mattina, dopo una ricca colazione offerta da un gentile compaesano, parte per la raccolta delle canne. All’arrivo nel luogo stabilito, muniti di roncole, motoseghe e tanta buona volontà si raccolgono circa 70 fasci di canne. Dopo averle caricate su un mezzo adatto al trasporto delle stesse si fa rientro al paese e ci si reca in piazza con il carico di canne per mostrare a tutti il trofeo e consumare un ricco aperitivo. In seguito, il raccolto viene scaricato all’ingresso del paese dove verrà poi realizzata la Faglia. Questa prima fase della raccolta canne viene ripetuta per altre 4-5 domeniche.

 

PULITURA DELLE CANNE

All’inizio del mese di dicembre inizia la seconda fase che consiste nella pulitura e selezione delle canne. In genere questa operazione viene effettuata di sera, accompagnata sempre da musica, piatti tipici e tanta buona volontà.

 

RACCOLTA ARBUSTI DI ORNELLO (IATTUNI) PER CERCHI

La fase successiva è la raccolta dei cerchi effettuata nei boschi attorno al paese; il tipo di legno scelto per realizzare questi cerchi è l’ornello, che è molto flessibile e resistente.

COMPOSIZIONE DEI FASCI DI CANNE E PREPARAZIONE CERCHI DI ORNELLO

Una volta terminate le fasi della pulitura delle canne e della raccolta dei cerchi, verso il 15 dicembre si procede con la preparazione dei piccoli fasci di canne pronti per la battitura e la realizzazione dei cerchi che, dopo essere stati puliti e selezionati, vengono uniti due a due raggiungendo una lunghezza di circa 5 metri. Dopo aver stabilito il diametro della Faglia, che è di circa un metro, all’estremità dei cerchi vengono fatti dei segni che verranno fatti combaciare per formare il cerchio del diametro di circa un metro.

COSTRUZIONE ED ASSEMBLAGGIO

Una volta preparati i cinque migliori cerchi si procede con la fase della costruzione. Dopo aver posizionato i cerchi a 50 centimetri l’uno dall’altro, si adagiano le canne al loro interno fino al completo riempimento del diametro del cerchio e dopo inizia la battitura delle canne.

BATTITURA DELLE CANNE

Gli attrezzi che si utilizzano per la battitura delle canne sono due partiell (o pestelli), due divaricatori, due tenaglie, un cricchetto oltre alla presenza di almeno dieci uomini. Si usano i divaricatori per allargare le canne e fare spazio ai piccoli fasci di canne preparati precedentemente che verranno battuti da coppie di due persone che si alternano; durante la battitura ci sono altre persone che controllano l’entrata delle canne negli spazi vuoti. Una volta riempita la parte esterna vengono legati altri cerchi e viene riempito l’intero diametro con canne secche. Così facendo la Faglia inizia a prendere forma e ad allungarsi per circa 13 metri. Questa fase viene completata la sera del 23 dicembre.

ALLESTIMENTO E CONTROLLO DEL MATERIALE PER IL TRASPORTO

La mattina del 24 dicembre si preparano i cavalletti, le assi e tutto il materiale necessario per il trasporto della Faglia. Contemporaneamente davanti al sagrato della Chiesa Madre vengono posizionati con attenzione gli argani, i cavi e le funi che servono per innalzare la Faglia.

 

TRASPORTO E INNALZAMENTO

Verso le 15,30 del 24 dicembre, dopo che si è raggiunto il numero dei portatori, la Faglia viene adagiata sui cavalletti e vengono fissate le assi per il trasporto lungo le vie cittadine fino ad arrivare alla Chiesa Madre.

Il corteo è preceduto da un gruppo di una decina di suonatori che, con musiche popolari, tentano di lenire le fatiche dei portatori, che ricorreranno a diverse soste ristoratrici in cui potranno gustare dolci tipici e vino caldo gentilmente offerti dalla popolazione e dagli esercenti locali.

Alla prima sosta è tradizione che sulla Faglia si faccia salire un cittadino del posto, scelto dai portatori, che lungo tutto il percorso ringrazia con sfottò i proprietari dei canneti dove sono state prelevate le canne assemblate nella Faglia.

Molto rilevante è pure la presenza del Capofaglia, che la guida abilmente nella sua ascensione in cima al paese e precisamente fino al sagrato della Chiesa Madre.

Dopo iniziano i preparativi per innalzare la Faglia davanti al campanile per essere poi accesa.

L’innalzamento è la fase centrale, la più duratura e delicata, in quanto occorre far passare il manufatto di canne dalla posizione di riposo a quella verticale, cioè attiva e più propriamente rituale, preliminare all’accensione.

Era una manovra particolarmente pericolosa, in quanto la Faglia veniva eretta soltanto con l’ausilio di scale lignee e funi di canapa oltre ad una buona dose di perizia umana; adesso si usa un argano munito di cavo di acciaio che rende l’operazione tecnicamente senza rischi, né per la struttura né per gli astanti.

L’accensione è l’atto finale: la Faglia viene accesa dal piano della cella campanaria con l’ausilio di un panno imbevuto di liquido infiammabile. Segue la benedizione da parte del Parroco, alla presenza anche del Sindaco, e il cero arde lentamente per tutta la notte.